Laterale della fantastica Val Bregaglia, la selvaggia Val Bondasca concentra al suo interno alcune delle più affascinanti e maestose montagne delle Alpi Retiche Occidentali. Pizzo Badile, Cengalo, l'intero Gruppo delle Sciore, i Pizzi del Ferro e le meno note Cime della Bondasca e del Pizzo di Cacciabella rappresentano nell'ideale comune la montagna ardua, severa, vere e proprie cattedrali di granito le cui vette sono riservate esclusivamente ad alpinisti esperti. All'interno di quest'incantato ed aspro regno di pietra sorgono giusto un paio di rifugi: oggi trattiamo il facile sentiero per il Rifugio Sciora, "abbracciato" dalla muraglia delle Sciore e base di partenza per ardite ed impegnative vie alpinistiche su molti di questi giganti di granito. Il tracciato che conduce in questo eccezionale luogo non è lungo, ma la difficoltà è data dall'elevata pendenza del sentiero, che solo nell'ultima diagonale conosce tratti pianeggianti. Passeggiata del lontano 26 Ottobre 2008...
Note tecniche :
Difficoltà : E/EE (E al Rifugio Sciora, EE al passo di Cacciabella)
Dislivello : 818 metri al rifugio (1597 metri al passo di Cacciabella)
Sviluppo : non avendo dietro il gps non ho purtroppo un dato attendibile
Interesse : paesaggistico, glaciologico
Per raggiungere la
Val Bondasca in autovettura si rende necessario superare la dogana di
Castasegna al confine con la Svizzera (indicativamente 10 Km da Chiavenna) e
pervenire successivamente al paese di Bondo. Indirizzandosi ora verso il centro
di questo piccolo abitato, si accede alla piazza principale, oltrepassata la
quale si risale la parte inferiore della Val Bondasca su di una strada molto
tortuosa e solo in parte asfaltata (attenzione, poiché per l'accesso in
autovettura bisogna acquistare un biglietto utilizzando una macchinetta
automatica posta all'inizio della strada. Al tempo accettava solo franchi
svizzeri!). Parcheggio disponibile a quota 1300 metri circa presso uno spiazzo
sterrato nel bosco. Zaino in spalla ci si incammina dunque su di un sentiero
pianeggiante (impossibile sbagliare dato che è il solo disponibile!!) che
giunge in pochi minuti ad un bivio (palina segnavia a dx per Rifugio Sasc Furà
da non seguire!!). Mantenendosi sulla sinistra, dopo alcuni minuti di agevole
cammino, si sbuca sull'ameno pianoro dell'Alpe Laret (1368 metri). Proseguendo
ora lungo il sentiero che lambisce il greto del torrente, si devia decisamente
a sinistra guadagnando quota in maniera piuttosto decisa su terreno
roccioso ed accidentato. Un ponte agevola l'attraversamento di un canale
roccioso al cui interno scorre copiosamente un torrente. Oltrepassato questo
tratto, numerosi mughi, abeti e larici, ci accompagnano fino al panoramico
poggio di Neravedar (1844 metri). Ammaliante e sublime il paesaggio che si apre
di fronte al viandante: ardite guglie di granito, riluttanti ghiacciai,
maestose e verticali pareti di gneiss. Sciora Dafora (m. 3169), Sciora Dadent,
Cima della Bondasca con l'omonima vedretta, Pizzi Gemelli, Pizzo Badile,
Cengalo ed altre ancora. Una lunga e comoda diagonale verso Sud-Est ci
conduce infine al rifugio, posto alle pendici Occidentali dell'imponente
muraglia delle Sciore. Costruito nel 1905, questo piccolo ed accogliente
rifugio (Chamanna in linguaggio Svizzero) ebbe successivamente un incendio e fu
distrutto nel 1947. Una ristrutturazione del 1948 ed un successivo ampliamento
nel 1985 lo rendono oggi un fantastico punto panoramico sui giganti di granito
di questa selvaggia valle (il locale invernale è sempre aperto ed accessibile).
Alle spalle di questo edificio, un cartello invita all'utilizzo di materiale
alpinistico per la salita al Passo di Cacciabella che resta comunque riservata
ad escursionisti esperti. Proseguendo ora verso Oriente, su terreno molto
accidentato, si segue una rada traccia aiutati da alcuni ometti che ci
permettono un migliore orientamento tra vastissime ed aspre pietraie. Le
pendenze non sono mai eccessive e man mano che si guadagna quota si intuisce
l'unico passaggio relativamente agevole tra la Val Bondasca e la Valle
dell'Albigna. Non ci arriverò mai purtroppo, vuoi per la stanchezza che mi
assediava, vuoi per il gran tempo perso nel fotografare queste fantastiche
montagne. Indicativamente, a quota 2500 metri abbandono l'idea di raggiungere
il passo dato che il sole ha già iniziato il suo rapido tramontare, dunque non
mi permetto di relazionare qualcosa che non ho vissuto in prima persona. La
discesa avviene per lo stesso itinerario di salita ma mi riserverà un'amara
sorpresa che documento allegando di seguito una lettera da me scritta alcuni
giorni dopo l'escursione in Val Bondasca al Club Alpino Svizzero, inviata ad
alcune testate giornalistiche, nonché ad altri operatori del settore montano.
Ovviamente, il C.A.S mai mi rispose.... mai mi rispose!!!!
"Vi
scrivo nuovamente, a distanza di qualche mese per segnalare un fatto piuttosto
increscioso accadutomi in data 26/10/2008 in Val Bondasca, che mi auguro
renderete pubblico per evitar che chiunque altro possa riviverlo, evitando così
eventuali spiacevoli incidenti dettati dall’inosservanza di chi
mi auguro presto mi risponda (Vi faccio presente che per conoscenza la presente
lettera, seppur con lievi sfumature a causa del diverso interlocutore, verrà
inviata anche al Cai, ma soprattutto ad
alcune autorità svizzere da cui pretendo una risposta).
Mi
avvio dunque a descrivere la sequenza dei fatti accaduti in quella che poteva
esser una spiacevole domenica di escursionismo. La partenza avviene piuttosto
in ritardo, oltrepasso la dogana di Villa di Chiavenna che è mezzo giorno
inoltrato, perdo il solito tempo alla dogana Svizzera (dove va? Cosa fa? Ha qualcosa da dichiarare? Sì, cara Svizzera, ho uno
zaino, una picozza e dei ramponi, ho intenzione di percorrere il “Viale della
Val Bondasca”, ma Voi avete ancora le dogane? Chiedo loro polemico e indignato
per il loro atteggiamento) percorro quindi la strada carrabile a pagamento che
da Bondo (ove è presente nei pressi della chiesa una macchinetta per il
pagamento automatico pari a euro 9.00 che autorizza al transito i veicoli ma il
cui resto erogato al cospetto dei miei dieci euro è pari a franco svizzero uno, il che ne
determina un cambio euro/franco decisamente alla pari, altra indignazione), giungo quindi ai 1300 metri di quota del posteggio che sono le
tredici inoltrate, dopo aver percorso una strada sterrata oggettivamente
pericolosa, senza protezioni, con numerosi cedimenti e altrettante travi di
legno disposte in maniera precaria ad agevolare scavalcamenti di piccoli canali
di scolo, con la presenza di molti tronchi sul manto stradale, e numerosi
automezzi da lavoro lì abbandonati che altro non facevano che intralciare il
mio salire.
Ore
13.15 circa, destinazione Capanna Sciora (2118 metri). Consapevole del ritardo
mi incammino rapidamente sul sentiero, supero la deviazione per la capanna Sasc
Fùra proseguendo sulla sinistra, oltrepasso le baite dell’alpe Laret, quindi
più avanti il sentiero volge verso il fianco sinistro, si sale per un canale
boscoso ove scorre copioso un ruscello, si traversa un ponte piuttosto
pericolante (qualche asse di legno mal messo e delle specie di corrimano, ma il
passaggio risulta agevole nonostante la pericolosità data dall’esposizione), si
raggiunge quindi il terrazzo erboso dell’alpe Naravedar (1844 metri), poi per
diagonale tra mughi e abeti ed una
costola morenica mi porta al Rifugio Sciora, il cui locale invernale risulta aperto
ed ottimamente tenuto. La giornata è decisamente fredda, il sole inizia il suo
percorso discendente alle spalle della bellissima parete Nord del Pizzo
Badile, la Bondasca piomba man mano nell’ombra, ma i colori sul granitico gruppo
delle Sciore distolgono il mio pensiero da quella che sarà di certo una discesa
al buio con lampada frontale. Prendo dieci minuti di pausa, per scattar foto,
poi i minuti diventano venti, troppo maestose queste montagne per non esser
contemplate, opto quindi per il Passo di Cacciabella (2897 metri) in funzione
del fatto che mentre sul “Viale” è calata la penombra, il difficile passo
risulta ben esposto al sole, rendendomi più piacevole l’escursione sia dal
punto di vista fisico che fotografico. Il valico mette in comunicazione la
Bondasca con la valle dell’Albigna, non esiste un vero sentiero, la salita è
tra enormi blocchi di granito agevolata da alcuni segnavia bianco/blu. Tutto perfetto o
quasi, magnifico il tramonto, magnifici i colori su questi giganti di granito, ma mi sto attardando non poco: rifletto, non raggiungo il passo dunque scendo speditamente, voglio raggiungere la Capanna
Sciora con gli ultimi barlumi di luce, poi non ci sarebbe più alcun problema in
quanto il sentiero è piuttosto battuto. Nel mentre, l’elicottero della Rega “rastrella” letteralmente le parete Nord del
Badile (credo fossero le 17 passate), nessun intervento, semplice ricognizione,
poi mi passa sopra, e si dirige verso la valle dell’Albigna. La frontale ancora
non la indosso, vedo ancora bene, giungo rapidamente all’alpe Naravedar, poi a
picco nel canalino ove scorre copioso il ruscello, ma qui la spiacevole sorpresa.
Del ponte non vi è più traccia, mi chiedo come sia possibile, prendo la
frontale, l’accendo e per alcuni attimi son colto dal panico, avrò sbagliato sentiero? Che il buio mi
abbia ingannato? Poi vedo le assi del ponte dalla parte opposta del canalino, ben accatastate (no, non
può esser un atto vandalico penso io), chiuse da due corde metalliche ben
cinte, avvitate quasi fossero un prezioso tesoro; sopravviene ulteriore panico,
devo traversare per dieci metri un canalino in pieno buio, piuttosto esposto,
su granito bagnato, reso ancor più viscido e insidioso dallo scorrervi dell’acqua,
senza corda per assicurarmi, senza corde fisse per agevolarmi il passaggio, con
un maledettissimo ponte divelto, smontato. Per quanto
mi sia possibile e visibile, risalgo il canalino dal sentiero, cerco un
passaggio che più sicuro che però non trovo, concludo che si passa solo da dove poche ore prima
esisteva quel ponte. Ripongo tutto nello zaino già pesante, macchina
fotografica, cavalletto, bastoncini telescopici che vanno a far compagnia alla
picozza, ai ramponi, al mio cambio, alle speranze che nulla mi accada. Son
consapevole della pericolosità, urlo e maledico chi mi ha privato di quel
ponte, per alcuni attimi penso di chiamar la Rega (ma quel lavoro di eliminazione del
ponte suppongo l’abbia fatto qualche manutentore collegato al club alpino
svizzero e ben penso che da quella situazione è meglio uscirne con le proprie
mani denunciandone poi l’episodio, rendendolo pubblico affinchè nessuno possa
poi trovarsi a riviver una situazione tanto pericolosa quanto paradossale). Urlo per tutta la valle, non sono urla di disperazione, ma di maledizione e dannazione per quanto mi sta capitando!!! Le
mani faticano a far presa sul viscido granito, gelano letteralmente in quanto
sommerse nell’acqua che copiosamente scende in questo canale, il traverso è
insidiosissimo, ne sono consapevole e prego che nulla mia accada, prego perché
a casa ho una madre ed un padre, una ragazza in gravidanza, e mi ritrovo in una
situazione resa pericolosa non dalla mia inesperienza, non dalla casualità o da
fattori oggettivi, non dal buio, bensì dalla superficialità di qualche individuo che ha ben avuto l’idea di eliminare un ponte senza preoccuparsi che alcuno
potesse ancora transitarvi sopra di ritorno da un escursione. Concludendo, la
discesa è fortunatamente andata a buon fine, ma mi pongo alcune domande
a cui pretendo risposta; chiunque sia
passato di là per eliminar quel ponte, e chiuder la catena di transito a
fondovalle non avrà notato un veicolo in sosta con permesso di transito
regolarmente pagato? Non avrà supposto che qualcuno potesse ancora scendere,
tanto più l’elicottero della Rega mi svolazzava sulla testa? Non avrebbe dovuto
interessarsi un minimo su eventuali presenze in valle da parte di escursionisti
o alpinisti di ritorno da qualche sentiero o via? E se al posto mio, che mi ritengo un
buon escursionista, con alle spalle numerose vette, valichi ed alcune ferrate
vi fosse stato qualcun altro?
Complimenti
nazione Svizzera, complimenti per il cambio euro/franco 1 a 1, per le pessime
condizioni di una strada pagata a caro prezzo, e per esserti
dimenticata di me o chiunque altro fosse al posto mio, rendendomi disagevole
ciò che qualche ora prima era decisamente agevole..... complimenti ancora da
chi comunque continuerà ad amare le vostre montagne, ma molto meno la Vostra
tanto sbandierata perfezione"
Sul comodo sentiero che conduce alle baite dell'Alpe Laret
Il magnifico gruppo delle Sciore come appare dal sentiero per l'Alpe Laret
Alle spalle l'ampio solco vallivo della Val Bregaglia
Oltre il bosco, ecco apparire alle pendici del Gruppo delle Sciore l'omonimo rifugio
Rifugio Sciora C.A.S.
Palina segnavia nei pressi del rifugio
L'interno comodo ed accogliente del rifugio
Targa commemorativa
Il libro del rifugio
Nel locale invernale non manca nulla, dalla legna a eventuali pedule, ma trovai anche materiale alpinistico seppur datato
Oltre il rifugio, un evidente cartello ammonisce sull'utilizzo di materiale alpinistico per la salita al Passo di Cacciabella
Vaste ed interminabili pietraie permettono di guadagnare quota oltre il rifugio Sciora
Al centro della fotografia il Ghiacciaio della Bondasca così come appare risalendo al Passo di Cacciabella. A sinistra spicca l'acuminato e granitico Ago di Sciora affiancato dalla Sciora Dadent mentre alla destra del ghiacciaio i "gemelli" Pizzi del Ferro
Imponenti, ammalianti, granitiche e slanciate come poche altre montagne, ecco la Sciora Dafora e la Punta Pioda nel loro versante Nordoccidentale. Questo spaventoso spigolo di 700 metri è noto per essere stato "aperto" nel 1935 dal grandissimo Vittorio Bramani in compagnia di Bozzoli e Parasacchi. Sono 24 lunghezze con difficoltà massima di V-
Sempre loro, ma viste con prospettiva più Occidentale. La prima salita alla Punta Pioda risale al lontano 1891 e fu compiuta da un russo accompagnato da una guida di Cortina d'Ampezzo ma sopratutto da una guida Engandinese divenuta poi celebre in tutto l'Arco Alpino: trattavasi infatti di Christian Klucker. Essi salirono per la parete meridionale, in questa fotografia non visibile!!!
L'elegantissimo quanto poco conosciuto Ago di Sciora. Lo spigolo visibile, che poi è il Nordovest, rappresenta solamente la cuspide terminale dell'interminabile risalita di 750 metri con passaggi obbligati di 6a+ che tracciò nel lontano 1923 Hans Peter Kasper
L'ambiente che circonda durante la salita al Passo di Cacciabella. Al centro della fotografia, credo si tratti della Punta Innominata, tra le poche elevazione inferiori ai 3000 metri in quest'area
La Vedretta della Bondasca così come appare dai pressi del Rifugio Sciora. Il sentiero del "Viale" per la traversata alla Sasc Furà ne lambisce il suo margine inferiore
Panorama verso le montagne a Nord della Val Bregaglia
Le quattro ammalianti "Signore di granito". Da sinistra, Sciora Dafora, Punta Pioda, Ago di Sciora e Sciora Dadent, tutte elevazioni che si aggirano intorno ai 3200 metri di altezza
Primo piano sugli splendidi spigoli Nordoccidentali della Punta Pioda, (a sinistra) aperto come sopra descritto da Bramani, e dell'Ago di Sciora (a destra) aperto dallo Svizzero Kasper
Ago di Sciora e Sciora Dadent
Poco a destra (Ovest) del Gruppo delle Sciore ecco apparire altri "giganti" di granito. Sulla sinistra i Pizzi del Ferro con il celeberrimo Ferro da Stiro, la cui sola via è pari a 450 metri con passaggi obbligati di Vb. Alla destra ecco apparire l'imponente ed articolata parete Nord del Pizzo Cengalo, su cui sono state scritte straordinarie storie di alpinismo
Le "facce" Nord di due giganti di granito. A sinistra, il Pizzo Cengalo, a destra, il Pizzo Badile, definito quest'ultimo da Volken e Miotti "La Cattedrale di granito". Sugli spigoli di queste montagne sono state scritte pagine memorabili dell'alpinismo internazionale. Dalla via dei Cecoslovacchi al NW del Cengalo, alla via Risch/Zurcher alla N del Badile (900 metri di via!!!) passando anche per la celebratissima NE dell'italiano Cassin (800 metri di sviluppo!!!)
I "gemelli" Pizzi del Ferro
Eccola nella sua classicissima forma trapezoidale la parete Nord del Pizzo Badile (oltre 700 metri a piombo sul Ghiacciaio della Trubinasca e sulla Vedretta del Cengalo). Nonostante questa montagna non sia la più elevata del gruppo, essa rappresenta nell'immaginario comune l'icona della Val Bondasca e della Val Bregaglia.
Splendidi giochi di luci e ombre sull'Ago di Sciora ed il suo spigolo Nordoccidentale
Imponente ed articolata come nessun'altra parete Settentrionale della Val Bondasca, ecco apparire il versante Nord del Pizzo Cengalo. Poco più a Ovest di questa parete, in corrispondenza del suo sperone Nordoccidentale, si sviluppa una delle vie più lunghe dell'intera area delle Alpi Retiche. Si tratta della Gaiser-Lehmann, 1100 metri di dislivello con valutazione globale TD+. Fu tracciata negli stessi giorni della NE di Cassin (1937), ma a differenza di essa non vide risvolti tragici nella sua apertura
La "faccia" Nord del Pizzo Badile con alla sua base la piccola Vedretta del Cengalo. Davvero difficile non trovarsi d'accordo con Volken e Miotti capaci di definirla "Cattedrale di granito"
In primo piano il Ferro da Stiro sormontato dai Pizzi del Ferro
Una coppia che ha davvero pochi eguali in tutto il contesto Alpino
Il sole sta velocemente tramontando gettando nelle "tenebre" l'intera Val Bondasca...Conviene affrettarsi ma la sorpresa sarà dietro l'angolo...
luce frontale e giù a valle...Alla prossima...Non dimenticatevi mai una frontale!!!
Chiunque frequenti seriamente la montagna penso che abbia più di una "disavventura" da raccontare, ma quella che è capitata a te non trovando più il ponte al tuo ritorno mi sembra quasi un avventura del celeberrimo "ragionier Fantozzi" !!! Tutto è finito a lieto fine e quindi ci possiamo ridere sopra, ma se fosse capitata a me le mie imprecazioni si sarebbero udite fino al Vaticano. Ciao da Christian
RispondiEliminaEpisodio imbarazzante quanto assurdo caro Christian! Non puoi immaginare quanto mi incazzai in quella occasione! Anche se il ritardo nello scendere è solo colpa mia! Un caro saluto ed una buona serata...
Elimina